30 ANNI DI RICERCA


MANGIARE & BERE ETICO

Il vero pericolo per la nostra salute lo corriamo seduti a tavola, mangiamo cibi che sanno di qualcosa che in realtà non è presente al loro interno. Possiamo bere vino senza uva, mangiare formaggio senza latte e per dolce cioccolato senza burro di cacao, ora possiamo fare merenda con l’ aranciata senza arance! Infatti il Senato ha approvato la legge comunitaria di commercializzare bibite all’aroma di arancia senza l’ obbligo del contenuto minimo del 12%. Si commentano da sé le decisioni del parlamento europeo, innalziamo l’ idea di produrre a tutti i costi e di commercializzare prodotti ingannevoli e poco sicuri. Eppure in ambito europeo si è sviluppato ed è cresciuto il concetto di “responsabilità sociale d’ impresa”, come risposta al consumatore sempre più attento e critico. Per noi Italiani non si tratta soltanto di una critica salutista ma un vero e proprio affronto alla dieta mediterranea, stiamo parlando di prodotti che ci rappresentano in tutto il mondo, simbolo di alimentazione sana e nostra produzione. Diventa sempre più indispensabile leggere le etichette dei prodotti che compriamo, cosi da essere sicuri di ciò che portiamo in tavola.

GUARDA NEL TUO PIATTO


CONTRO LA SOFISTICAZIONE ALIMENTARE


IL QUARTO POTERE


Il potere mediatico + Il potere governativo

Domenico De Masi, docente di sociologia del lavoro presso l' Università di Roma"La Sapienza" . In una sua recente intervista parla di come in Italia per la prima volta nel mondo, in una democrazia, la stessa persona, Silvio Berlusconi, è il più ricco del paese, il più votato, ha tutto il potere politico che si aggiunge al potere economico e ha tutto il potere mediatico perché, di fatto ha tutte le televisioni in mano e gran parte dei giornali. In effetti si sta realizzando la prima esperienza, al mondo, di dittatura mediatica. Una dittatura dolce che rende cieche le vittime, per cui le vittime non si accorgono di essere in un mondo dittattoriale, ma in effetti tutto quello che dicono, tutto quello che fanno, tutto quello che giudicano, lo fanno sulla base di ciò che hanno appreso attraverso le televisioni del principe. E come se Napoleone avesse avuto Rete Globo e avesse potuto manipolare i suoi cittadini facendo credere che a Waterloo aveva vinto mentre aveva perso. Questo porta ad una totale sfasatura del concetto di democrazia. Non esistono ancora analisi serie di tutto questo. Gli intellettuali, a partire da quelli Italiani, hanno sottovalutato questo fenomeno e sulla base di questa sottovalutazione Berlusconi ha potuto fare tanti passi avanti. E' diventato presidente del Consiglio di fatto, negli ultimi quindici anni è stato ininterrottamente il leader sul piano politico, economico e mediatico. Gli manca soltanto una cosa fare il Presidente della Repubblica, ma il Presidente della Repubblica in Italia conta poco, allora lui sta creando le condizioni per dare grande potere al Presidente della Repubblica in modo che quando lui subentrerà all' attuale presidente potrà essere Presidente dittatore sotto tutti i punti di vista, capo della dimensione mediatica, della dimensione economica e della dimensione politica. Ecco che in Italia si è realizzato il primo esperimento mondiale di dittatura mediatica, così come in Inghilterra prima, e in Francia poi, si creò il primo esperimento mondiale di potere della borghesia. L' intervista è visibile su YOUTUBE.

INTERVISTA A MARIO MORCELLINI



Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza Università di Roma.


Com' è attualmente l' informazione in Italia, possiamo parlare di libera informazione?
Cosa distingue l' Italia dagli altri paesi nel campo dell' informazione?


Lo stato di salute dell’informazione italiana non è certamente buono, e negli ultimi anni si è registrato un certo peggioramento nella qualità complessiva delle notizie. Rispetto ad altre democrazie occidentali, in Italia il ruolo dei giornalisti appare meno autonomo e dunque più debole. Al di là delle dichiarazioni d’intenti, sempre nobili ma spesso poco realistiche, il giornalismo italiano fa molta fatica a percepirsi e ad agire come uno strumento di mediazione tra i poteri, mettendosi effettivamente al servizio dell’opinione pubblica.


Esiste assenza di verità?


Parlare di “verità giornalistica” è sempre stato problematico, ma questo non può certamente fornire un alibi per far diventare prassi le notizie non verificate, o peggio i veri e propri falsi giornalistici. I giornalisti sono tenuti ad accertare la verità sostanziale, seppur fragile delle notizie che pubblicano attraverso i documenti e i riscontri che hanno a disposizione. Ma questo spesso non accade, e si finisce per costruire notizie su voci di corridoio, indiscrezioni interessate e carta straccia. O peggio, si passa direttamente all’astensione dalla notizia. I principi deontologici, in assenza di un potere effettivo di sanzione da parte delle associazioni professionali, rischiano di diventare lettera morta. Non è certamente un buon periodo per la nostra informazione.


Perché in Italia è così forte l' influenza della politica nel campo dell' informazione?
e soprattutto perché i politici ci vogliono con le bocche cucite?


L’Italia, per il giornalismo come per altre vicende che riguardano l’assetto dell’industria culturale, rappresenta un caso a sé stante, con caratteristiche ostinatamente e radicalmente diverse da quelle di altri paesi. Anzitutto, la storia ci dice che c’è sempre stata una forte sovrapposizione di interessi tra editoria e politica. La stampa, e poi la televisione hanno spesso rappresentato un mezzo per dare forma e visibilità pubblica agli interessi dei grandi gruppi industriali e dei partiti politici, e alle relazioni tra gli uni e gli altri. C’è un condizionamento reciproco che – con le dovute eccezioni - non ha certamente rappresentato un elemento in grado di favorire l’emancipazione del giornalismo italiano e la sua capacità di trovare uno spazio di mediazione tra opinione pubblica e politica.


Attualmente qual è il mezzo che permette la libera informazione?


Le nuove tecnologie rappresentano indubbiamente un elemento di speranza, ma sarebbe semplicistico pensare che chi ha finora condizionato il dibattito pubblico attraverso il sistema “ufficiale” dell’informazione non abbia interesse a fare altrettanto anche con le nuove tecnologie. Il generoso spontaneismo “democratico” che ha caratterizzato la prima fase dell’informazione on line, con i newsgroup, i blog, i forum di discussione deve oggi fare i conti con una presenza che sembra sempre più organizzata nella lotta per gli spazi di dibattito più visibili, come le pagine dei commenti dei grandi quotidiani. La novità è che oggi questo tipo di presenza può diventare determinante anche sul risultato di un appuntamento elettorale. Ciò a cui assistiamo non è l’assenza di libertà, ma la marginalizzazione delle voci fuori dal coro, relegate entro spazi di scarso valore nella formazione dell’opinione pubblica. Poi c’è la questione della responsabilità degli operatori dell’informazione nei confronti dei lettori e soprattutto delle persone di cui si scrive, siano esse importanti personalità del mondo della politica o della cultura piuttosto che semplici cittadini, spesso stranieri, oggetto di processi mediatici poco edificanti. Quello della correttezza dei giornalisti, specie in questo periodo è diventato un tema assai attuale: la libertà senza responsabilità è un’arma a doppio taglio, molto pericolosa non solo per chi ne abusa, ma per il clima generale del dibattito pubblico.


Oggi quanto è cambiata la professione del giornalista?


Ci si potrebbe chiedere piuttosto cosa sia rimasto invariato nella professione del giornalista. Le tecnologie, e non solo Internet, hanno cambiato radicalmente il modo non solo di fare, ma anche di concepire la professione, promuovendo una convergenza sullo stesso schermo di testi, immagini, suoni e video che fino a pochi anni fa era inconcepibile. Allo stesso modo, un giornalista può comporre il suo articolo, scegliere le foto o montare un video ed impaginare tutto su carta o sul web senza mai spostarsi dalla sua scrivania. E’ una grande possibilità, ma anche un rischio: si rischia di pensare che la propria postazione sia il punto d’osservazione perfetto sul mondo, rinunciando così a guardare le cose da vicino e riavvicinarsi alla prospettiva della gente.

50 ANNI PER LE SCARPE Dt. MARTENS



Progettata come scarpa ortopedica conquistò i lavoratori. Oggi è l’icona che accomuna stili diversi

Le Dt. Martens sono il classico esempio di un prodotto marca che identifica
uno stile di vita. La storia della loro produzione si lega a due nazioni
europee l' Inghilterra e la Germania, ma il loro successo è dovuto al fatto di
rappresentare il simbolo di sub-culture molto diverse tra loro e a volte
addirittura contrastanti. Furono inventate da un medico tedesco, il dottor
Klaus Maertens, come scarpa ortopedica durante la seconda guerra mondiale.
Mentre sciava sulle Alpi Bavaresi, il dottore, si ruppe un piede e nel periodo
della convalescenza trovava scomodo camminare con le suole di cuoio e allora
cominciò a pensare ad un innovativo tipo di suola ammortizzata da un cuscinetto
d'aria e ad uno stivaletto con una pelle più morbida. Realizza, così da sé, un
prototipo color marrone e ad otto buchi. Ma la commercializzazione tarda a
venire, fino a quando non incontra un suo vecchio amico di università, il dr.
Herbert Funck e insieme decidono di iniziare a produrre scarpe utilizzando
scarti di gomma per le suole e avanzi di stoffa di vecchie divise dell'esercito
tedesco per la tomaia. Le scarpe vengono definite comode e durevoli e faranno
impazzire le casalinghe tedesche. Nel 1952 le richieste sono così tante che
decidono di aprire una seconda fabbrica a Monaco. In Inghilterra nel 1901
Benjamin Griggs e Septimimus Jones iniziano anche loro a produrre scarpe e nel
1911 alla morte del socio Jones subentra il figlio di Griggs, Reginald e
fondano la R. Griggs & Co. Le scarpe vengono assemblate a mano e il mercato a
cui sono destinate e formato da minatori e militari. Nel 1959 il destino delle
due aziende si incrocia sulle pagine di Shoe & leather news, su questa rivista
Maertens e Funk avevano messo l'annuncio di vendita della licenza sulla
produzione delle loro scarpe, questo perché avevano deciso di rivolgersi al
mercato internazionale. Il marchio Inglese acquista il brevetto, scegliendo di
chiamare le calzature Dr Martens, anglicizzazione del tedesco Maertens. Le
scarpe subirono qualche modifica, infatti venne ridisegnata la suola, il tacco
arrotondato, fu aggiunta l' inconfondibile fettuccia posteriore con la sfitta
Air Wair, nome con cui venne registrata la suola, e si aggiunse la cucitura
gialla tra la suola e la tomaia. Nasce così, il 1 aprile 1960 il modello 1460,
color rosso ciliegia ad otto buchi. Presto diventeranno le scarpe dei
lavoratori e negli anni '70 vengono calzate anche dai poliziotti, che però
saranno costretti dal loro regolamento a scurire con l'inchiostro le cuciture
gialle. Nel 1961 viene lanciato il modello 1641 a tre buchi, diventeranno le
scarpe simbolo del sindacato e successivamente della sinistra inglese. In
Italia saranno le scarpe simbolo degli anni '90. Anni della guerra del Golfo,
della trasformazione della comunità economica europea in Unione Europea, gli
anni del crollo della politica italiana con l'inchiesta mani pulite, della
caduta del dominio comunista nei paesi dell'Europa dell'est e delle stragi di
stampo mafioso ai danni della giustizia. In tutto questo caos mondiale gli
adolescenti Italiani hanno come speranza e come finestra positiva sul mondo il
canale musicale inglese MTV, che si può vedere soltanto in determinate fasce
orarie ed esclusivamente in Inglese. Dal video escono fuori i gruppi del
momento, caratterizzato da un fermento innovativo che porta alla nascita di
nuovi stili musicali legati a determinati stili di vita. L' idea di accostare
un genere musicale ad un determinato abbigliamento era tipico anche degli anni
passati ma in questi anni uno stesso oggetto rappresenta sotto-culture diverse
accomunate dalle stesse scarpe: le Dr. Martens.

HACKER I PIRATI BUONI DELLA RETE




Il termine hack, significa tagliare, fare a pezzi, ed inizialmente veniva usato per indicare gli scherzi che gli studenti universitari si facevano agli albori dei primi corsi di informatica. Il primo gruppo di hacker era formato da appassionati di modellini ferroviari membri del Railroad Club. Le loro sperimentazioni erano un concentrato di passione, creatività, informatica e sano divertimento che da lì a poco avrebbe dato vita a una cultura positiva che solo adesso ha preso una valenza negativa. L’Hack vero è proprio avveniva quando qualcuno impostava un progetto o costruiva un oggetto e l’ atto in sé implicava il piacere di fare, di partecipare, innovare. L’ unica condizione da soddisfare era far convergere innovazione e intelligenza con stile. I primi lavori di pirateria venivano eseguiti sull’hardware, le macchine, ci si divertiva ad aprire tutto, smontare e rimontare per vedere cosa c’ era dentro. Nel 1964 all’ Università di Berkeley nasce il movimento Free Speech Movement che sosteneva “ il segreto è alla base di ogni dittatura, basta con le tecnologie oscure, si a tecnologie accessibili a tutti”. L’ idea era che tutti dovevano sapere cosa ci fosse dentro i computer, allora macchinari grossi e sconosciuti alla maggior parte delle persone. Nasceva un fermento culturale volto a ribaltare la tesi secondo cui i computer venivano usati contro le persone per controllarle, ma era arrivato il tempo di liberare gli uomini con l’ ausilio stesso dei computer. Così l’hacking divenne pirateria di sistema. Gli hacker lasciavano le loro opere nei cassetti dei laboratori di informatica perché gli hackers dopo di loro potessero trovare il sistema per lavorare sullo stesso programma. Senza alcun segreto usavano un metodo basato sulla creazione collettiva e la condivisione dei risultati. Uno spirito che diventerà l’identità di Internet, dove il concetto di proprietà privata del mondo reale assume tutt’altro aspetto, quello di comproprietà. Un nuovo tipo di possesso basato sulla partecipazione e sul contributo fattivo, perché in rete non conta possedere qualcosa ma solo la possibilità di usarla e per usarla bisogna aver contribuito a costruirla. Lo stesso spirito dell’open source, apertura a contributi per migliorare continuamente ciò che è destinato ad essere di tutti. Gli hacker che da sempre hanno alternato incontri virtuali con incontri reali per lo scambio di informazioni hanno dato forma all’immaterialità di Internet caricandola di valori difficili da trovare nella quotidianità della nostra vita reale. I pirati informatici non sono dei criminali come più volte vengono descritti, perché la tecnologia unita all’ingegno non è né buona né cattiva, ma nemmeno neutra e l’ uso che sé né fa impropriamente da parte di uomini che non apprezzano il genio umano a far si che nascano etichette dure a morire. Gli hacker, si rubano, ma per dare a tutti la possibilità di progredire.

JOHN DRAPES
Meglio noto con il nome di Capitan Cronch perchè, mangiando i cerali dall’omonimo nome, vinse un fischietto. Scoprì che esso emetteva un segnale sonoro di 2600 hertz, lo stesso utilizzato dalle compagnie telefoniche per connettere le linee di traffico urbano. In base a questa scoperta costruì, la blue box, una scatola che emetteva suoni che gli consentivano di chiamare gratuitamente gli amici. Diede così via al phone phreaking, la pirateria delle linee telefoniche delle compagnie americane.

STEPHEN WOZNIAK
Genio informatico ha costruito il primo personal computer pronto all’uso, l’Apple I, nel garage dei genitori adottivi del suo amico Steve Jobs. Insieme, nel 1976, fondarono la Apple. Nel febbraio del 1981 Woz ebbe un incidente con il suo aereo privato, che gli causò una temporanea perdita della memoria. Decise di allontanarsi dalla sua azienda e di completare i suoi studi, nel 1982 si laureò in informatica e in ingegneria con il nome di Rocky Clark.

RICHARD STALLMAN
E’ uno dei principali esponenti del software libero, pioniere del concetto di copyleft. Nel 1985 pubblica il manifesto GNU, che descriveva le sue motivazioni per creare un sistema operativo libero, chiamato, appunto, GNU acronimo di “GNU’s Not Unix”. Amante delle danzi popolari internazionali è un attivista politico che ha fatto tanto per l’ identificazione dei valori fondamentali della rete.

QUEST' ANNO VADO DI MODA IO

Siamo in piena primavera e finalmente noi donne possiamo fiorire. Il risveglio dei sensi ci porterà a prenderci nuovamente cura del nostro corpo e alla voglia di scoprirlo e di mettere in mostra le nostre rotondità con abiti che ci valorizzano. L' inverno alle spalle ci ha dato modo di cullare la nostra anima e ora siamo pronte a viverci la preparazione all' estate nella speranza di vivere nuove cose. Ci regaliamo ore e ore per noi alla ricerca di chissà quale crema miracolosa e alle lunghe bevute per depurarci, non manca il movimento fisico. Ora gli sforzi si concentreranno sulla prova costume, che come sempre si vive con grande ansia. E' arrivato il momento del cambio di stagione e il desiderio di nuovi abiti e sempre dietro di noi. quale sarà il vero must dell' anno? quale accessorio? la risposta a queste domande è molto semplice: non esistono risposte. Non esiste un capo alla moda valido per tutte ma esiste, per ogni donna, qualcosa di altamente speciale che possa come una bacchetta magica valorizzarla. Non siamo noi a doverli cercare ma saranno loro a trovarci. é come accorgerci di cose che ci donano? bene a questa domanda posso rispondervi, quando stiamo comode e ci sentiamo a nostro agio e soprattutto quando piace al nostro lui. Questo dicono gli esperti sarà l' anno del naturale, niente finzione. E allora basta soffrire con tacchi altissimi e pantaloni guaine perchè se è vero che è di moda il naturale quanto meno dovremo avere un espressione naturale e non di dolore represso dietro un sorriso isterico. La vera arma di seduzione sarà il nostro viso solare e gli occhi pieni di vitalità. Per quest' anno possiamo essere soddisfatte che trionferà la vera bellezza, quella dell' animo, quella che nasce e si alimenta nel cuore. Naturalmente anche l' occhio continuerà a reclamare la sua parte e quindi prepariamoci al nostro programma di cura del corpo, il trucco ci sarà ma sarà molto leggero e gli abiti anche loro leggeri, leggeri come l' essenza dell' estate un momento dove lo stress si fa da parte e si da spazio solo alla bellezza di ciò che verrà.
Ma per essere pronte, ora è il momento di investire tutti gli sforzi. Coinvolgere il proprio partener in questo programma potrebbe essere una mossa vincente, l' obiettivo sarà risvegliare anche loro attirandoli con un nuovo profumo fatto di scie di erba bagnata di rugiada, resine e fiori. Lo sguardo si perderà tra i nostri capelli raccolti morbidamente, per ritrovarsi catturato dalle nostre labbra leggermente socchiuse. La pelle si colorerà poco, è finito il tempo delle falsità, del costruito. Sarà il sole a decidere quale grado di abbronzatura avere, e sicuramente seglierà il tono che ci starà meglio. i nostri sguardi saranno intensi contornati da lunghissime ciglia. Ogni battito sarà notato. Finalmente anche le nostre gambe saranno libere così come le mani e i nostri piedi, la loro texture sarà liscia e morbida le unghie colorate di toni neutri. Basta con le unghie spesse un centimetro, valorizziamo ciò che abbiamo. L' essenziale è scegliere colori dalle sfumature carnali che si fondono cromaticamente con la pelle. riprendiamoci la naturalezza e la bellezza della purezza e della trasparenza. Si tratta di una vera inversione di marcia attuabile solo attraverso la valorizzazione della persona e della bellezza come qualcosa che nase da dentro e si valorizza all' esterno e non come qualcosa di costruito e forzato. Non tutto ci può stare bene e quindi è bene segliere ciò che meglio ci valorizza. Il segreto di tutto ciò?
L' ironia, l' unico modo per scoprire i difetti e renderli punti di forza. La vera bellezza sta nel particolare, ogni donna ha qualcosa di particolarmente bello. Sorprendere con la sicurezza dei nostri gesti, con la fragilità di uno sguardo, con un sorriso sincero che si apre sul nostro viso. Non si tratta di sedurre, ma solo interpretare candidamente il nostro essere femmine. "Vado di moda io" sarà il motto di ognuna di noi, allora forza e coraggio.

RIVISITAZIONE DELLE VECCHIE CABINE TELEFONICHE

Ormai è un dato di fatto che le cabine telefoniche sono destinate all’ oblio ed ai nostalgici ricordi.
La nostra società è ormai sopraffatta dall’ uso dei cellulari, piccoli o piccolissimi ma capaci di permettere qualsiasi operazione, dalla telefonata alla navigazione in rete. Ma cosa succede quando il nostro telefonino ha la batteria scarica? A chi non è successo di partire e di dimenticare il caricabatterie a casa? In questi casi, sicuramente, farebbe comodo una cabina telefonica. Non quella del passato, ma una rivisitazione che permette di inserire, al suo interno, la SIM del cellulare. Avremo, cosi, a disposizione tutti i nostri dati, numeri, messaggi da controllare e da inviare e anche il nostro credito, senza doverci preoccupare di reperire monete o schede telefoniche.
L’ apparecchio telefonico sarà dotato di uno schermo con un interfaccia semplice e immediata, attraverso un menù selezioneremo le funzioni di cui abbiamo bisogno.
La tecnologia VOIP permetterà di telefonare sfruttando una connessione ad Internet, abbassando i costi e superando la distinzione tra telefonate urbane e interurbane. Per le telefonate verso i cellulari, sarà possibile mantenere il proprio piano tariffario, cosi anche per l’ invio di sms o mms.
La cabina, più propriamente pensata come una colonnina, sarà dotata di un sistema WI-FI per permettere il libero accesso ad Internet per computer, palmari o cellulari che si trovano nelle vicinanze. Con un sistema NFC sarà possibile scaricare, a pagamento, suonerie, giochi, file mp3 e video. Si potranno acquistare biglietti per i mezzi pubblici, pagare il parcheggio, comprare biglietti per cinema, teatri e stadi. Attraverso il menù si può accedere ad una mappa della zona dove ci si trova, si potranno conoscere le strade vicine, i ristoranti, i musei e tutte le attività commerciali situate nei paraggi.
Sarà possibile conoscere anche gli sportelli bancomat più vicini e i mezzi pubblici con i relativi orari. Il progetto prevede una nuova postazione pensata per tutti coloro che si trovano in una nuova città per motivi di lavoro, studio, vacanze e anche per chi ha la batteria del telefono scarica. Il nuovo telefono pubblico, grazie ad un programma di SCREEN READING, renderà disponibile l’ utilizzo anche alle persone non vedenti. Attraverso un pulsante recante una scritta in braille si attiverà il software che individuerà il contenuto dello schermo ( menù, pagine web, e-mail…) e lo convertirà in una voce sintetizzata.
I nuovi telefoni pubblici si troveranno nei punti più trafficati delle città, stazioni, aeroporti, ferrovie, piazze e strade principali. Un nuovo servizio pubblico alla portata di tutti.


MAMMA STASERA VADO A CANA FUORI CON TARANTINO

Da paura, non poteva essere diversamente, il locale è un ex ospedale sovietico trasformato in ristorante, le cameriere sono vestite da infermiere e servono cocktail in provette da laboratorio. Ci sediamo attorno a un tavolo tipo sala operatoria, intorno a noi ci sono persone accomadate su poltrone da dentista, si mangia con pinze e bisturi. Un' avvertenza sul menù informa i pazienti-clienti che i piatti potranno essere shoccanti e alcune pietanze vanno mangiate indossando la camicia di forza, in questi casi si verrà imboccati dalle infermiere. Non è una mia invenzione, il locale esiste ed è la trovata di tre veri dottori che a Riga capitale della Lettonia hanno aperto il ristorante Hospitali. Non ho avuto l' invito a cena da Tarantino ma questo locale penso sia di suo gradimento, sicuramente.

Quentin Tarantino, uno che fa davvero tante cose...
...Regista, attore, produttore, sceneggiatore, si può definire un maniaco del cinema per la sua cinefilia maturata all' interno di un videonoleggio dove faceva il commesso ma questo è il passato. Ha sempre dichiarato di amare il cinema italiano e come non dargli torto, anzi ne siamo fieri. I suoi film sono dei cult, pieni di citazioni, riferimenti e omaggi. La sua descrizione della realtà è esasperata e i dialoghi diventano deliranti. Nei suoi film non mancano autocitazioni e intrecci di storie dei suoi personaggi. Tarantino è apparso anche in un episodio dei simpsons (Lisa guarda una puntata di Grattachecca e Fichetto intitolato "Reservoir Cats" diretto da Quentin Tarantino.)
Ha dichiarato:”Non sono mai andato ad una scuola di cinema; sono andato a vedere film”


SILVIA CI RACCONTA PERCHE' GUARDARE TARANTINO

E quindi arriva il momento in cui mi viene chiesto di scrivere di uno dei miei registi preferiti. Il regista per cui ho preso biglietti in prevendita, rinunciato a serate con amici o con il mio stesso ragazzo dell’epoca solo perché dovevo riguardare alcuni passi di uno dei suoi film. Film per cui l’industria dell’audiovisivo ha trovato un’acquirente (considerando la vittoria del peerTopeer all’interno della mia videoteca personale). Si, insomma mi viene chiesto di scrivere per uno di quei registi che hanno alimentato le mie passioni e reso maggiormente concreta l'idea di diventare -in un futuro- pur senza una particolare cultura o dottrina cinematografica , una regista.
Tarantino ha raggiunto gli studi superiori, forse? Tarantino ha passato gran parte delle sue giornate guardando film, come tutti sanno anche b-movies e c’è chi se non ne guardasse uno per intero potrebbe confonderlo con uno di questi. Sono film visti in estate o nelle fasce di garanzia, tanto care alla Mediaset e alle altre reti contenitori di contenuti rimediati, spesso fortuitamente vincenti per pubblico e ascolti.
Il mio film preferito del caro regista è forse la più riuscita delle programmazioni non previste. Si, perché Jackie Brown lo vidi per la prima volta in televisione. Anche Le Iene e Pulp Fiction li vidi per la prima volta in tv ma non ne avevo ancora pienamente coscienza, tanto che non mi piacquero molto. O almeno non tanto da continuarne la visione su rete 4, I bellissimi.
In ogni modo Jackie mi piacque e molto. L’attrice come appresi successivamente era famosa nel panorama Blaxploitation ‘70. Impersonava un ruolo molto simile a quello nei film Foxy Brown e Coffy. A noi quasi sconosciuti. L’attrice è stata scelta con particolare cura dal regista. Lei è Pam Grier, bellissima e sensuale ma anche meritevole attrice, finita nel dimenticatoio ma riesumata da Tarantino e dalla sua voglia di riprendere alcuni soggetti e rimescolarli all’attuale cultura. Per non parlare poi di tutto il resto del cast: Michael Keaton, Robert De Niro, Bridget Fonda, Samuel Lee Jackson e Robert Forster. Che per quanto si dica, grande regia ma se le pedine non hanno il colore giusto è inutile.
Come detto, Tarantino non ha conseguito gli studi superiori ed i suoi primi impieghi hanno da sempre ruotato intorno al settore cinematografico-. Basta pensare all’impiego da maschera e quello in una videoteca poi spunto per una nota autobiografica (vd True Romance).
Chiunque potrebbe riconoscersi in lui. Tarantino è l’umano tra gli umani. Il regista che dimostra come fare cinema sia solo ed esclusivamente averne le capacità a prescindere dallo studio e dalla media in condotta. Si, perché sicuramente non ha eccelso per buon comportamento e morale. Altrimenti, non sarebbe neanche il mostro che è. Feticista, sboccato e privo di gusto. Così l’avrebbe potuto definire una Moratti dopo una cena di presentazione al suo ultimo ed acclamato film.
Questa sua non curanza nell’utilizzare turpinosi e volgari linguaggi lo ha spesso costretto a difendersi da accuse più o meno sostenute dall’opinione pubblica. Infatti, sicuramente non tutta la comunità afroamericana lo avrà sostenuto quando il caro Spike Lee pretese quasi delle scuse ed una paternità agli insulti che i niggers possono permettersi di scambiarsi solo tra loro. Insomma, una censura del vocabolario di riferimento per ogni regista “non di colore”, anche se Spike Lee ne fece una questione di distanza culturale.
(vorrei chiedergli l’albero genealogico dato il suo “Miracolo a S.Anna “).
Volendo ripercorrere i perché di Quentin tirerò in ballo i nostri registi. Si, perché evidentemente le videoteche americane sono più rifornite delle nostre dato che Tarantino ha visto ed ascoltato nomi che io stessa ho difficoltà a ritrovare persino in rete: Mario Bava, Fernando Di Leo, Sergio Corbucci, Lucio Fulci, Sergio Sollima, Enzo G. Castellari, Michele Soavi, Antonio Margheriti, Sergio Grieco, e molti altri. Tutti questi a me sconosciuti o quasi sono stati rivisitati e posti tra le pagine delle sue sceneggiature tramite personaggi, inquadrature o anche solo dettagli e particolari. Ciò denota come Tarantino abbia realizzato quello Zibaldone che ripropone in forma accurata in ogni sua produzione. Tutto questo con l’abilità di chi sa utilizzare un montaggio alternato in termini spazio-temporali di cui ha fatto tesoro grazie anche a mostri come Stanley Kubrick (Rapina a mano armata) e prima ancora Mario Monicelli (I soliti ignoti).
Non ultimo -di certo- potrà dirsi per la scelta delle sue colonne sonore. E proprio in Jackie Brown ne da grande prova. Le adatta con abilità alla storia ed ai ruoli. Le fa entrare ed uscire dalle scene come fossero anche loro dei personaggi a cui ci si affeziona e che difficilmente vengono abbandonate, senza essere legate con costrizione alla sequenza del film che le ha generate.
Potessi fare un incontro con il regista, uno dei miei preferiti. Una colazione con cereali per lui ed una vanilla-coke e crostata ai mirtilli per me accompagnerebbero uno degli incontri più sensazionali della mia vita.

REALIZZAZIONE DI UN SOGNO VUOTO


Sono arrivata a Roma una fredda mattina di fine novembre. Avevo trovato casa e dalla stazione Termini mi affrettavo a raggiungerla. Ero felice, cominciavo una nuova vita:
QUELLA DELLO STUDENTE FUORISEDE!!!
Avevo in mente tutto delineato come se fosse un piano d' attacco al mio futuro:
STUDIARE, STUDIARE E STUDIARE.
Le giornate trascorrevano nè lente nè veloci ma impegnate, segure i corsi, due chiacchiere con gli altri studenti, pranzo leggero, pomeriggio china sui libri, cena alle sette, un film in dvd e a letto presto. Ho affrontato mille paure lontano da casa, lontano dalla famiglia, lontano da tutti. E' stata un esperienza fantastica, formativa fatta di libertà ma anche tanta, tanta fatica, trovarsi soli, soli e soli. Passano gli anni, passano i sacrifici e ora sono laureata, sono felice, felicicissima mi aspetta una gloriosa carriera :
QUELLA DEL GIOVANE DISOCCUPATO.
E pensa la fortuna un giorno sarò moglie di un giovane precario. Bhe! Devo dire, noi giovani, siamo proprio fortunati!

. CATTIVI MAESTRI .


La pubblicità sociale ha un ruolo fondamentale all' interno della nostra società, in quanto volta ad informare, sensibilizzare ed educare alla civiltà. Il suo compito è quello di porre l' attenzione su temi di rilevanza sociale e cercare di modificare atteggiamenti e comportamenti delle persone per orientarle verso condotte adeguate. La leggittimità e la credibilità del soggetto che la comunica è per ovvi motivi di cruciale importanza per l'efficacia del messaggio stesso. Tra i soggetti che operano in questo settore un ruolo fondamentale è rivestito dallo Stato dal quale tutti noi ci aspettiamo il suo impegno all' interno della comunicazione sociale, anzi deve assolutamente comunicare problemi e temi socialmente rilevanti. Negli ultimi mesi la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha lanciato uno spot pubblicitario il cui testimonial è Renato Pozzetto, il messaggio è "il fumo uccide: difenditi". E' vero il fumo fa male e provoca gravi danni all'organismo. L'unico aspetto "confortante" che possiamo ricavare riguarda lo smettere di fumare: chi smette diminuisce costantemente i rischi. Io mi chiedo, sarà credibile una campagna contro il fumo fatta dallo Stato che ricava il 70% circa del valore di ciascun pacchetto di sigarette venduto e finanzia la coltivazione del tabacco? Forse sarei più credibile io se vi dicessi: non iniziate a fumare perchè dopo non avrete più il fiato per giocare con la vostra wii. Oggi lo Stato ha legalizzato il gioco del poker, bene tra un paio d' anni aspettiamoci una campagna sociale sul vizio del gioco con il logo in vista della Presidenza del Consiglio dei Ministri, intanto adesso giochiamo pure e ai rischi poi ci pensiamo. Magari Alda D' Eusanio inviterà nella sua trasmissione chi ha perso tutto giocando a poker on line così come è successo con i video poker. Il Papa nel suo ultimo viaggio in Africa ha dichiarato che il preservativo non risolve il problema dell' AIDS, anzi ne aumenta i rischi. Che cosa? Ho capito bene? Non voglio polemizzare le parole del Santo Padre che avranno anche le loro motivazioni ma mi sento di informare che nel mondo sono circa 40 milioni le persone affette dall' AIDS e che questa è la causa principale della mortalità in Africa. Il preservativo serve ed è l' unico mezzo di protezione per noi e per gli altri, usandolo si combatte la diffusione di tutte le malattie sessualmente trasmissibili. Il preservativo non è la soluzione all' AIDS ma, ad oggi, è l' unico modo per ridurre i rischi e i danni, a cui va aggiunta congiuntamente l' azione dell' informazione e l' educazione al problema. Un giorno, quando l' AIDS, per noi non sarà più un problema, lo sarà per i pubblicitari che dovranno ideare gli spot dell' 8Xmille. Basta con la pubblicità finto sociale, ormai siamo vittime del diniegno e immuni davanti alle immagini che mostrano la sofferenza e il dolore. Questo perchè le hanno usate e strausate ma non per sensibilizzare i nostri animi, e renderci culturalmente ed eticamente consapevoli dei problemi che riguardano tutti noi, ma semplicemente per raccogliere fondi. Un tempo esistevano atti caritatevoli, oggi ci si mette l' animo in pace donando uno o due euro con il cellulare. Esistono tanti problemi e vanno risolti portandoli alla conoscenza di tutti, l' informazione è l' unico mezzo per comprendere e prendere decisioni pensate.Se sai a cosa vai in contro, ci pensi prima di agire.Il dramma non è solo di chi lo vive ma di tutta la nostra società, ogni problema è mio, è tuo, è suo, è nostro...

50 ANNI DI UN CUORE DI PANNA



Il costume si evolve ma il gelato resta sempre lo stesso. Si adatta ai cambiamenti della società rifacendosi il look per restare attuale ma il suo messaggio d’amore resta immutato.

L’estate 2010 arriva in anticipo, per festeggiare i cinquant’anni del Cornetto Algida, il 21 marzo giorno in cui entra la primavera gli Italiani si incantano, davanti allo schermo della televisione, per assaporare le immagini più belle delle pubblicità di un gelato, che da mezzo secolo rinfresca le nostre estati. Un prodotto commerciale entrato nel cuore, che ha saputo riposizionarsi nella mente dei consumatori mantenendo immutata, con il mutare della società, la sua coraggiosa operazione comunicativa: raccontare una società ideale, fatta d’amore tra giovani, bambini e anziani. Creare un mondo dove la gente si vuole bene e dove il gelato rappresenta il “dono” un gesto fatto con il cuore per sé e per gli altri. Piccoli frammenti di pubblicità, dai primi spot di Carosello alle più recenti, raccontano la storia di tutti noi Italiani, del tempo felice di quando si aspettava l’estate per andare in vacanza con la speranza di incontrare nuovi amori, nuove amicizie, tra le onde del mare o al tramonto, ma sempre insieme, perché non c’è niente di più bello che condividere le emozioni con gli altri. L’ atmosfera è sempre quella dell’amore nella sua accezione più ampia, fatta di affetto o meglio di un morbido cuore di panna, un icona che oggi più che mai sentiamo di voler evocare, nel tempo che scorre della nostra società e nel epoca in cui tutti i rapporti umani hanno perso la loro forza, divenendo deboli collegamenti necessari. Da quando abbiamo scoperto le vacanze non né possiamo più fare a meno, ed ecco il popolo Italiano capace di grandi sacrifici pur di non rinunciare ad una breve pausa estiva, staccare la spina e andare al mare lasciandosi per un attimo tutti i problemi lontani. È questo ciò che hanno intuito gli uomini di marketing dell’Algida, e che da anni confezionano, sapientemente, in spot pubblicitari. Trenta secondi sempre vicini alle nuove generazioni in tema di immagine e colonna sonora, e sempre più evocativi nella mente degli ex giovani. Un legame che fa la forza di un brand, che nasce da un rapporto di fiducia, che si concretizza nell’acquisto di un prodotto che è rimasto immutato nel tempo. Ormai non è più un segreto che i consumatori premiano, con le loro scelte d’acquisto, i prodotti buoni e soprattutto quelli che lanciano un messaggio positivo, così da farli diventare oggetti “sacri”, prodotti familiari. Da tempo il Cornetto Algida organizza la manifestazione musicale “Free Music Festival”, dando la possibilità alle nuove generazioni di ascoltare dal vivo e gratuitamente la grande musica italiana e internazionale. Il Cornetto oggi definito classico, viene confezionato in tante varianti dai nomi che evocano la dolcezza, morbidezza e l’amore: Soft, royal, love chocolate, frutti disc e love disc.
Un marketing mix sapientemente organizzato e gestito, un prodotto semplice capace di ricostruire il cambiamento degli ultimi ’50 anni della società Italiana, anni in cui dentro di noi abbiamo scoperto un cuore di panna.

L’ALGIDA
Come azienda produttrice nasce nell’ immediato dopoguerra. Il primo prodotto commercializzato è un gelato alla panna ricoperto di cacao magro, sorretto da un bastoncino di legno, si chiama Cremino. Da allora il marchio Algida, oggi appartenente alla multinazionale Unilever, si è legato di generazione in generazione ai momenti più belli e spensierati delle nostri estati. Il prodotto viene distribuito nel rispetto della “catena del freddo” dagli stabilimenti fino ai banchi di vendita mantenendo inalterate le proprie caratteristiche qualitative. I gelati industriali vengono detti “soffiati” perché prodotti con l’ introduzione di aria, durante la fase di gelatura, fino al 100-130 per cento, per cui diventano molto soffici e leggeri.
Due novità, per l’estate 2010 e per festeggiare i suoi ’50, Il Cornetto Enigma nei gusti vaniglia e cioccolato, nocciola e cacao, consistenza e sapori diversi con l’inconfondibile goccia di cacao nel cono.



CORNETTO ALGIDA : UN CUORE DI PANNA

ANNI ’60: Sono gli anni di Carosello, non viene pubblicizzato il singolo prodotto ma il marchio Algida, il famoso claim recita : “irresistibileeeeee”, protagonista del carosello è una scatenatissima Rita Pavone.

ANNI ’70: Anni di ribellione e l’Algida sceglie, sempre per il suo carosello, la nuova icona femminile Patti Pravo, la ragazza del Piper, storico locale di Roma, il claim resta invariato.

ANNI ’80: Inizia la carrelata di Spot pubblicitari, 30 secondi che si rinnovano ogni anno. Sono le pubblicità più facili da ritrovare, e sono quelle che hanno segnato con le immagini i momenti delle estate di tutti gli Italiani. I protagonisti sono giovani e bambini, rappresentati in momenti comuni, il claim :“ Cosa c’è dentro di te? Tu forse non lo sai c’è un cuore di panna per noi”. In questi anni ha successo un mitico telefilm “I ragazzi della III C” che amano il Cornetto Algida.
1987 claim : “ Se quello che cerchi è un cuore d’amore, un piccolo cuore d’amare, un giorno d’estate un cuore di panna troverai”.

ANNI ’90: il claim: “ In tutti noi, c’è un cuore di panna, dentro di te, di tutti noi, di tutti voi”.
Seguono altri spot che mostrano momenti teneri tra un bambino e il suo papà che dividono un Cornetto Algida, un ragazzo timido in vacanza cerca l’amore, tante storie si intrecciano e il claim : “ L’estate …ha un cuore di panna, estate non finire mai”.

2000: Cupido, Dio dell’amore, invece di lanciare frecce dal suo arco tira Cornetti Algida. Due robot grazie al Cornetto lasciato nelle mani di uno di loro magicamente s’innamorano. Lui e lei si incrociano e si sfiorano più volte senza incontrarsi, ma ovviamente sono destinati l’uno all’altra, alla fine si toccano prendendo dal bancone del bar lo stesso cornetto. Negli anni della globalizzazione il claim viene coniato in inglese : “ Cornetto it’s love thing

CIRCUIT BENDING, L'ARTE DI PIEGARE IL CIRCUITO


Da sempre la curiosità, la creatività e la sperimentazione di cose nuove generano innovazione

Ovvero intervenire in maniera creativa, attraverso semplici cortocircuiti, su apparecchi elettronici a basso voltaggio alimentati a pile. Si possono modificare giocattoli facilmente trovabili in commercio e a bassissimo prezzo con lo scopo di trovare e creare nuovi suoni, con la possibilità di autocostruirsi veri e propri strumenti musicali. L’importante è non toccare mai apparecchi collegati alla corrente elettrica! Sono prediletti i vecchi giocattoli per via della semplicità del circuito e perché l’attuale elettronica si sta proiettando sempre di più verso la miniaturizzazione dei componenti. Nello specifico, una vota scelto il giocattolo, si apre per guardare al suo interno e ci apparirà un mondo nuovo di suoni, che andranno cercati collegando casualmente i diversi componenti elettronici, cortocircuitando, appunto, il circuito. I suoni verranno prodotti dallo speaker interno del giocattolo, si possono aggiungere alle nuove connessioni potenziometri, interruttori, resistenze, condensatori, per regolare o modificare ulteriormente l’effetto ottenuto. A parole sembrerebbe complicato, ma in realtà è molto semplice è non comporta nessun rischio, intervenendo sempre e solo su apparecchi alimentate dalle normali batterie. Il materiale che serve è poco costoso e semplice da reperire, serve un saldatore da 40-60 watt, una serie di cacciaviti a stella per le viti piccole, cavi a “coccodrillo” per cercare i suoni attraverso i collegamenti nel circuito e un giocattolo da smontare. La paternità di questa arte, viene assegnata a Reed Ghazala nel libro “Circuit Bending, Make Your Own Aliens Istrument”. Ci sono due leggende circa la scoperta di questi nuovi suoni, una narra che Reed si accorse, casualmente, che il circuito di un giocattolo a transistor appoggiato sulla sua scrivania emetteva strani suoni quando veniva a contatto con oggetti metallici. L altra racconta che in un giorno del 1966 la sveglia di Reed andò spontaneamente in cortocircuito generando dei nuovi suoni, catturandolo per sempre in questa nuova sperimentazione. Non solo un arte creativa e di ricerca, ma anche un modo per riutilizzare e recuperare materiale. Si può fare musica ma anche ciò che viene definita micromusic, non un genere musicale ma un attitudine, dove si mescolano giocattoli, suoni nostalgici degli anni ’80, cartoni e fumetti per ricreare le atmosfere di un tempo passato, che ci riporta indietro negli anni in cui eravamo bambini. Si suona con le vecchie consolle da gioco a 4 o 8 bit Come Atari, Comodore, Nintendo, mescolando giocattoli e tastiere modificate il tutto nell’ottica di spingersi oltre la macchina. Il tutto è un laboratorio sperimentale che dalle camerette si sposta in rete per conoscere e condividere saperi, scambiarsi idee, un grande contenitore di divertimento e creatività. Provare per credere, e se avete dubbi o per capire meglio come creare un corto circuito su giocattoli a pila non esitate a fare una ricerca su Internet dove troverete ogni tipo di informazione sull’arte del Circuit Bendino.

L’INIZIO DELLA CREAZIONE DEI SUONI
La musica elettronica ha origini molto lontane, nel 1897 l’ americano Thaddeus Cahill brevettò il Telharmonium, un organetto di 200 tonnellate alimentato da 146 dynamo. Il primo sintetizzatore fu costruito nel 1944 dalla RCA, l’ enorme Mark I, analogico e controllato da nastri di carta perforata. Robert A. Moog inventò il pioniere dei sintetizzatori moderni, il Moog System 55 che occupava lo spazio di un intero piano di un edificio, troppo costoso e ingombrante. Nel 1970 Moog fu impegnato nella riprogettazione creando il Minimoog, piccolo e leggero, fu un gran successo che portò alla nascita dell’ idea di non scegliere più i suoni ma di crearli, slegando la musica elettronica dalla costosità dei mezzi e rendendola, da all’ora in poi, accessibile a tutti.

OGNI MICRO MUSICISTA SI CONFRONTA CON GLI ARTISTI DEL PASSATO

RAYMOND SCOTT
Nato nel 1908 e deceduto nel 1994, pianista, compositore, arrangiatore, band leader e perfezionista di tutte le improvvisazioni, ha oltrepassato ogni genere musicale. I suoi suoni hanno sonorizzato i cartoni della Warner Bros. Negli anni 40 inizia la sua sperimentazione che lo porterà alla creazione della “ videola” macchina per suonare e registrare con facilità guardando in sincrono il film. Grande avanguardistà musicale in vita fu molto sottovalutato, oggi gli viene conferito il merito di aver soperto le sonorità più utilizzate nella musica elettronica, techno e pop.

KRAFTWERK
Band tedesca elettropop degli anni ’70, considerati i pionieri della musica elettronica e gli apri pista di nuovi generi musicali aperti alla ricerca di nuove sonorità. Nel 1973 si legano all’artista e grafico Emil Schult che curerà lo stile e l’immagine del gruppo. Raggiungono il massimo del successo nel 1981, nel nascente boom dei personal computer, con l’album “Computer World”. Dopo una pausa ritornano sul finire del secolo, e nel 1999 esce l’album “ Expo 2000” omaggio all’ omonima esposizione universale.

LUIGI RUSSOLO
Futurista e firmatario del Manifesto L’Arte dei Rumori, 11 marzo 1913, in cui teorizzava l’ impiego dei rumore nel contesto musicale. È considerato il primo uomo ad aver teorizzato e praticato il concetto di noise music, sostenendo che la musica dovava essere creata da rumori e non da suoni armonici. Le sue musiche venivano create da uno strumento creato da lui e chiamato l’intonarumori, apparecchio meccanico capace di generare suoni disarmonici e avanguarstici battezzati in seguito come musica futurista.

DONNE & POLITICA


Oggi un binomio possibile


Il 2 giugno del 1946 le donne furono per la prima volta chiamate a votare, avendo ottenuto nel 1945 il diritto all’elettorato attivo per decreto, e un anno dopo quello passivo. Si trattava del referendum monarchia-repubblica e l’elezione dei 556 membri dell’Assemblea Costituente, di questi vennero elette 21 donne appartenenti alla classe media. Tredici erano laureate, c’era poi, un’ impiegata, una casalinga e due operaie. Avevano una buona cultura e provenivano, per la maggior parte dal nord Italia dove lo sviluppo economico era stato più precoce. Oggi sempre di più le donne si affacciano alla politica, un mondo prevalentemente maschile, strutturato da e per gli uomini ma che è sempre più compatibile con la donna , con le sue innate doti organizzative e la voglia di fare tutto di prima persona senza ricorrere alla delega, quest’ultima molto amata dagli uomini. Il nostro cammino, verso l’acquisizione di ruoli all’interno dell’Istituzioni politiche rappresentative, è stato lungo e pieno di barriere, nel 1960 viene sancita la parità, formale e sostanziale, tra uomini e donne nel mondo del lavoro e l’eliminazione delle tabelle remunerative per uomini e donne. Durante la Conferenza delle donne di Pechino, nel 1995, si introducevano due parole fondamentali per accrescere il protagonismo delle donne nella politica: EMPOWERMENT che significa promozione nell’acquisizione di poteri e responsabilità nelle sedi decisionali rilevanti, e MAINSTREAMING, inteso come, integrazione del punto di vista di genere in tutte le politiche. Ciò nonostante, a 50 anni dall’ acquisizione del diritto di voto, si denunciava, ancora, una forte marginalità femminile e si sollecitava una maggiore presenza femminile nelle sedi decisionali. Attualmente il numero delle donne che si occupano di politica è ancora molto basso rispetto ad i colleghi maschi, e questo fenomeno riguarda tutti i paesi del mondo indistintamente, i cui motivi sono da rintracciare in fattori socio-culturali, primo tra tutti l’esigenza di una donna nel crearsi una famiglia e di dedicarle tempo. Ma un'altra causa, che pesa su questa discriminazione che sembra affievolirsi, riguarda la modificazione di una cultura politica che da sempre considera l’uomo come il legittimo protagonista della gestione dello Stato, infatti, fino ad ora non c’è mai stata, in Italia, una donna Capo del Governo. Anche la nostra lingua penalizza fortemente il ruolo della donna, non avendo il femminile di molti termini che identificano lavori di alto spicco. Ad esempio, il dirigente non ha un corrispettivo femminile così come il ministro e tantissimi altri. Oggi le donne sentono la necessità di un posto in politica, dove le decisioni possano essere prese democraticamente da entrambe le parti, rendendo meno aspra e più umana la risoluzione dei problemi della collettività. Noi donne abbiamo le competenze e la preparazione, armi vincenti per convincere le persone, ormai stanche delle chiacchiere, con programmi precisi e concreti.

A CIASCUNA IL PROPRIO CASCHETTO



In Italia lo chiamiamo caschetto, in Francia è conosciuto come carrè, a Hollywood lo definiscono bob.

A 101 anni resta uno dei tagli di capelli più femminile che sia mai stato creato. Venne ideato a Parigi nel 1909 dal parrucchiere Antoine. Fu reso popolare dall’attrice Louise Brooks, che in seguito ispirò il fumettista Guido Crepax nella creazione del suo celebre personaggio Valentina. Un’ altra attrice, Coleen More fece del caschetto il simbolo dell’emancipazione femminile. Negli anni ’60 fu la cantante Caterina Caselli ad “importare” in Italia questo nuovo modo di tagliare i capelli, rendendola famosa con il sopranome di caschetto d’oro. Un taglio che si adatta a qualsiasi viso ed età, sperimentato in tutte le sue varianti, dal taglio cortissimo sulla nuca a varianti più lunghe, fino ad arrivare a toccare le spalle. Grande testimonial del caschetto è la grandissima Raffaella Carrà, che per anni ha fatto del carrè il simbolo della sua immagine e femminilità. Negli anni ’80 fu offuscato dalle acconciature cotonate e colorate che sfidavano la legge gravitazionale, facendo rivoltare Isaac Newton nella tomba. Negli ultimi anni è ritornato di moda, anche se nella vita di noi comuni mortali ha continuato ad esercitare il suo fascino, ma si sa che a dettare ciò che è in, rispetto a ciò che sia out sono sempre le dive del grande schermo. Cosi a livello internazionale a metà degli anni ’90 il caschetto viene rilanciato dall’ attrice Uma Thurman, bellissima nei panni di Mia con tanto di carrè nero e frangia corta, nel glorioso film Pulp Fiction. Oggi il taglio si rinnova con spunti creativi dei parrucchieri, si va dalla classica variante liscia con frangia corta nelle versioni rigorosamente nero dark o biondo platino, alle versioni più creative e sofisticate con frangia lunga di lato, caschetto mosso fino alla versione più moderna “spettinato”. Un taglio da personalizzare in base alle proprie caratteristiche fisiche e di personalità, un must di seducente malizia o di ingenuità fanciullesca.


MA ANCHE GLI UOMINI AMANO IL TAGLIO A CASCHETTO
Per loro è preferibile la variante senza frangia, il capostipite, colui che ha onorato il caschetto maschile, di cui è stato il portabandiera e lo sventolava a destra e sinistra è stato indubbiamente Nino D’Angelo a cui va riconosciuto il grande coraggio di un taglio che come abbiamo visto negli anni ottanta era fuori moda per le donne, e lui lo ha esportato nel mondo maschile.

NON ESISTE IL FEMMINILE DI GENIO MA ESISTONO DONNE GENIALI




La bellezza fisica in quanto materia è la parte più bassa della donna, la vera bellezza risiede nella mente. Occorre uno sforzo continuo per raggiungere l’ elevazione alla conoscenza. In una vita intera ci sarà sempre da apprendere e imparare.

Rita Levi Montalcini, Nobel nel ’86, in uno dei suoi libri “ Le tue antenate” racconta la storia di 70 casi di donne – genio partendo da Ipazia. Un numero davvero esiguo, dal IV sec. d. C. ad oggi, che si spiega con il fatto che le donne prima non avevano accesso alla cultura. Fino alla metà del secolo scorso l’ Università non era aperta alle donne. Milena Maric, prima moglie di Einsten ne è una prova, fu costretta ad emigrare in Svizzera dove alla Facoltà di medicina di Zurigo era l’ unica donna in corso del suo anno e la quinta donna ad essere ammessa nella storia di quell’ Ateneo. La prima donna al mondo laureata fu l’ Italiana Elena Corsaro Piscopia nel 1678 in Filosofia all’ Università di Padova. Il suo fu un caso raro e un privilegio ottenuto grazie all’ influenza del padre, dopo di lei non fu permesso ad alcuna altra donna. Una storia affascinante, del genio femminile e della grandissima volontà di studiare e comprendere i fenomeni scientifici sfidando i pregiudizi culturali e sociali del tempo, è quella di Marie- Sophie Germani, matematica francese che fu costretta ad iscriversi all’ Università fingendosi un ragazzo, sotto il pseudonimo Antoine- August Le Blanc. Oggi la situazione sembra molto cambiata, una conferma dell’ apertura della ricerca scientifica verso le donne è testimoniata dai Nobel, di quest’ anno, conferiti a ben 5 donne, non era mai successo e per questo è una grande conquista. Il Nobel, dal 1901, viene consegnato a persone che si sono distinte per l’ eccellenza in vari campi. Il 10 dicembre saliranno sul palco di Stoccolma: Herta Muller ( per la letteratura), Elizabeth Blackburn e Carol W. Greinder ( per la ricerca medica), Ada E. Yonath ( per la chimica), ed Elionor Ostrom ( la prima donna a vincere il Nobel per l’ economia).
Davvero una grande conquista per noi che abbiamo dimostrato di non essere il “sesso debole”. Da pochi giorni è uscito in Spagna un film su Ipazia, realizzato da Alejandro Amenabar, che in Italia non vedremo mai, per non diffondere e far conoscere le torture che per anni la chiesa ha inferto ai geni della scienza, non solo ai danni di donne, ma come ben sappiamo, anche tantissimi uomini illustri. Quando la chiesa aprirà gli occhi al progresso culturale, sociale e scientifico?


IPAZIA la più famosa ‘martire’ del pensiero libero dopo Giordano Bruno
Ipazia è un importante figura di riferimento per tutte le donne, le sue notizie non sono dirette ma tra varie fonti è possibile tracciare la sua sorprendente storia. Ipazia è una donna bellissima ed è la prima ricercatice donna della storia. Ci troviamo ad Alessandria d’ Egitto nel IV sec. d.C., è figlia del matematico Teone che la indirizzerà verso gli studi scientifici. Diventerà presto insegnante ma non si fermerà nel suo percorso di studio, interessandosi all’ astronomia e alla filosofia. Per molti sarà considerata la caposcuola del Platonismo, dopo Platone e Plotino, mettendo in luce la sua bravura nel passare dalla semplice erudizione alla sapienza filosofica. Inventerà l’ astrolabio e il planisfero è porterà i suoi studi per le vie della città. Molto presto il suo genio comincerà a suscitare l’invidia dei colleghi maschi, in quanto all’ epoca non era possibile che una donna, considerata geneticamente inferiore agli uomini nella scienza, potesse superare o peggio inficiare i risultati delle ricerche ottenuti dai colleghi maschi. Non c’ era spazio per donne come lei, il più delle volte viste come streghe, e il Vescovo Cirillo decise di farla uccidere ad opera di un gruppo di fanatici cristiani. Il suo corpo venne fatto a pezzi e bruciato per non lasciare alcuna traccia della sua presenza.

MARIE SKOTODOWSKA – CURIE : « Nella vita non c’ è nulla da temere, solo da capire».
Nasce A Varsavia nel 1832, si laurea all’ Università Sorbona di Parigi dove conoscerà il futuro marito, Pierre Curie. E’ la prima donna ad insegnare all’ Università parigina e prima donna a ricevere un Nobel anzi due, 1903 per la Fisica grazie agli studi sui fenomeni radioattivi, e per la chimica nel 1911 per la scoperta del radio e del plotonio. Durante la prima guerra mondiale sostenne l’ uso delle unità mobili di radiografia come mezzo di diagnosi per i soldati feriti. Morì di leucemia dovuta con molta probabilità all’ esposizione alle radiazioni durante i suoi lunghi anni di lavoro. Un anno dopo la sua morte, nel 1935, sua figlia Irène Joliot Curie vicerà anch’ essa un nobel per la chimica. Nel 1995 le spoglie di Marie Curie vengono trasferite sotto la cupola del Pantheon di Parigi in segno di onore per i suoi meriti. I suoi appunti di laboratorio sono considerati pericolosi a causa della loro esposizione alla radioattività, sono conservati in scatole piombate e per consultarli occorrono delle protezioni.

RITA LEVI MONTALCINI : « Il corpo faccia ciò che vuole io sono la mente ».
Nasce a Torino nel 1909, si laurea nel 1936 e continua la sua carriera accademica come assistente e ricercatrice in neurobiologia e pisichiatria. Nel 1938 a causa delle leggi razziali emanate dal regime fascista è costretta ad emigrare in Belgio, ma la sua passione per la ricerca la spinge a continuare i suoi studi in un laboratorio fatto in casa. I suoi primi studi sono dedicati ai meccanismi di formazione del sistema nervoso dei vertebrati. Nel 1951-1952 scopre il fattore di crescita nervoso noto come NGF, che gioca un ruolo essenziale nella crescita e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche. Per circa un trentennio prosegue le ricerche su questa molecola proteica e sul suo meccanismo d'azione, per le quali nel 1986 le viene conferito il Premio Nobel per la Medicina. Nella motivazione del Premio si legge: "La scoperta del NGF all'inizio degli anni '50 è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo". Nel 1992 istituisce, assieme alla sorella gemella Paola, la Fondazione Levi Montalcini, in memoria del padre, rivolta alla formazione e all'educazione dei giovani, nonché al conferimento di borse di studio a giovani studentesse africane a livello universitario. L'obiettivo è quello di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale del loro paese. Nel 2001 è stata nominata Senatrice a vita.

MARGHERITA HACK: «Io non credo assolutamente né a Dio, né all’anima, né all’aldilà: l’anima è nel nostro cervello».
Nasce a Firenze nel 1922, si laurea nel 1945, diventerà professoressa di astronomia e dirigerà fino al 1987 l’ osservatorio Astronomico di Trieste portandolo a rinomanza internazionale, sarà la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia. Contribuisce alla ricerca per la classificazione spettrale di molte categorie di stelle. Per lungo tempo è stata membro dell’ ESA e della NASA. Ha pubblicato più di 250 lavori e nel 1978 fonda la rivista L'Astronomia che dirige tuttora. Nel 1980 riceve il premio Accademia dei Lincei e nel 1987 il premio Cultura della Presidenza dei Consiglio. È membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Unione Internazionale Astronomi e della Royal Astronomical Society. Nel 1992 la scienziata è andata fuori ruolo per anzianità ma ha continuato l'attività di ricerca. Dal 1997 è in pensione, ma dirige ancora il Centro Interuniversitario Regionale per l'Astrofisica e la Cosmologia (CIRAC) di Trieste e si dedica a incontri e conferenze al fine di "diffondere la conoscenza dell'Astronomia e una mentalità scientifica e razionale".

PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELL'INFORMAZIONE

In una classifica sulla libertà di stampa, l' Italia si è classificata al 40° posto,
preceduta dalla Corea del sud e seguita dalla Reppublica Ceca.

L' informazione è nata con i giornali e con gli Strilloni, che per le strade urlavano le principali notizie del giorno. Durante la seconda guerra mondiale, il fascismo sfruttò la potenza dei Mass Media, i giornali e la nascente radio, per informare e per creare le masse. Era un tipo di comunicazione basata sulla persuasione e sul controllo dell' informazione. In questo periodo si affermò la censura, come strumento per zittire le opinioni avverse al potere dominante. Con il succedersi degli eventi che hanno portato ad una totale ristrutturazione dell' assetto mediatico, si è venuta a creare una totale libertà di stampa, che dovrebbe essere una delle garanzie che un Governo Democratico dovrebbe garantire ai suoi cittadini. In Italia questà libertà è garantita dall' Art. 21 della Costituzione " Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione ". Ma che ancora tutt' ora vacilla pericolosamente. Gli accadimenti degli ultimi giorni testimoniano una presenza di imposizioni e di restringimenti, che mettono in pericolo la nostra Democrazia. Il punto riguarda l' esistenza di una dittatura silente, ne parla anche il sociologo Domenico De Masi, definendola come il primo esempio, al mondo,di Dittatura Mediatica. In quanto il potere mediatico è nelle stesse mani di chi detiene il potere governativo e questo mette a rischio il modello democratico di Montesquieu, basato sulla divisione dei poteri. Questa è la situazione che caratterizza l' Italia e dove i nuovi mezzi di informazione sono ancora in uno stato ibrido. L' informazione attuale passa attraverso le nuove tecnologie, prima di tutto Internet e cellulare, e si sperimenta una nuova forma di convergenza dei media. In poco tempo abbiamo visto spuntare web radio, giornali on-line, siti di testate giornalistiche e Tg dove è possibile seguire le informazioni e gli aggiornamenti in pochissimo tempo e selezionando ciò che vogliamo sapere. E' un nuovo modo di informarsi non più soggetto a scelte di altri, ma a questo vantaggio si associa il problema della verità, ovvero quanto sono veritiere le informazioni e le brevi news che ci offrono i siti? Questo è comunque lo scotto da dover pagare in un ambiente liberò e senza regole quale Internet. La rete, che si attesta come il nuovo e potente mezzo di comunicazione, consente una più libera informazione e dove, come mai nella storia, l' informazione viene fatta dal basso e non d' alto. Questa assenza di controllo potrebbe essere il modo per compiere una totale e valorosa sconfitta della censura, rientrando nel vero e proprio concetto di Democrazia. Occorrono, comunque, delle regolamentazione per non fare emergere una sorta di Anarchia virtuale. Con questi cambiamenti la professione del giornalista è del tutto cambiata, è più facile reperire le fonti, conoscere argomenti, documentarsi, ma diventa sempre più difficile emergere tra una moltitudine di voci. L' unico problema, che dobbiamo ancora affrontare, resta l' alfabetizzazione verso i nuovi media.

DONNA : un identità perduta




Per anni le donne si sono battutte contro gli stereotipi, cercando di conquistare diritti che le venivano negati, ma guardando a fondo l' immagine della donna che la nostra società mediatica ci propina diventa sempre più difficile riconoscere quell' identità vera, costruita con anni di battaglie fuori e dentro le mura domestiche. La donna che ci appare oggi, dal mondo della televisione fino a quello della politica, è ancora schiava e sottomessa ai bramosi sguardi maschili, dove prevale un insana percezione del corpo e dove con esso si identifica l' unica identità femminile. Il corpo della donna non viene visto come un mezzo espressivo portatore di altro, nè come un corpo da liberare e nemmeno da curare ma bensì come un qualcosa da rifare, quanto più possibile, secondo uno stereotipo condiviso. Che fine ha fatto la donna? Perchè proporre un modello così misero della femminilità? Ovunque immagini di donne irreali, con corpi gonfi a dismisura e volti deturpati. Occhi sgranati e labbra grosse, niente sorrisi, questo è il volto della bellezza, fatta di irrigidimento dei muscoli facciali. Sembra contare più la staticità che l' espressività del volto. Da piccola mi dicevano: il mondo è bello perchè è vario. Oggi fatico a riconoscere questa bellezza, quello che vedo è una donna che continua ad essere uno stupido oggetto sessuale, una donna cornice, una donna senza parole e nello stesso tempo una donna costretta a continue trasformazioni che la portano il più possibile lontana dall' idea di autenticità. Ci impongono dei canoni innaturali, che noi non abbiamo scelto e li accettiamo volentieri ma non per attrarre l' altro sesso ma per essere riconosciute e ammirate dalle altre donne. Le campagne pubblicitarie, rivolte al target femminile, vengono costruite con immagini piene di riferimenti sessuali apetibili ad un pubblico maschile, mostrando che noi donne abbiamo imparato ad osservarci con occhi maschili. Cosa ci succede? Sembra necessario chiederci cosa siamo diventate? Ci guardiamo e ci scrutiamo non con occhi femminili, professando un erotismo cupo ed esercitando un insana percezione del corpo. Un tempo il corpo femminile era riconosciuto come grazia e armonia delle forme. Delle rotondità del passato è rimasto ben poco, il modello predominante di bellezza non è ritrovabile in natura, sfida tutte le leggi fisiche. Come si può essere magrissime e portare la sesta di reggiseno? Tante donne lottano contro il proprio corpo cercando una perfezione non umana ma nemmeno divina, la Venere di Milo ne è una testimone. Anna Magnani diceva al suo truccatore non coprirmi le occhiaie c' è voluta una vita per farle! Oggi le finte dive in tv non mostrano i segni del tempo, anzi se ne vergognano e sono pronte ad indossare la maschera della finta eterna bellezza, mostrando al mondo ciò che di più brutto esiste, la vergnogna di sfoggiare i segni del tempo che passa.

LE ULTIME BELLE SENZA RITOCCO

ANNA MAGNANI : Quando la bellezza di una donna era custodita in uno sguardo profondo.
Attrice premiata con l' Oscar nel 1959, con il film "La rosa tatuata".

GRACE KELLY : Quando la bellezza di una donna fioriva in un elegante sorriso.
Attrice premiata con l' Oscar nel 1954, con il film " La ragazza di campagna".

SOFIA LOREN : Quando la bellezza di una donna era un perfetto connubio di forme e naturale espressività del corpo.
Attrice premiata con l' Oscar nel 1961, con il film " La Ciociara".

AUDREY HEPBURN : Quando la bellezza di una donna si celava nel raffinato buongusto di un gesto.
Attrice e ambasciatrice speciale dell' UNICEF

ANITA EKBERG : Quando la bellezza di una donna straripava dalle sue abbondanti forme.
Il suo nome e la sua immagine sono sinonimi della " Bella vita".