DONNE & POLITICA


Oggi un binomio possibile


Il 2 giugno del 1946 le donne furono per la prima volta chiamate a votare, avendo ottenuto nel 1945 il diritto all’elettorato attivo per decreto, e un anno dopo quello passivo. Si trattava del referendum monarchia-repubblica e l’elezione dei 556 membri dell’Assemblea Costituente, di questi vennero elette 21 donne appartenenti alla classe media. Tredici erano laureate, c’era poi, un’ impiegata, una casalinga e due operaie. Avevano una buona cultura e provenivano, per la maggior parte dal nord Italia dove lo sviluppo economico era stato più precoce. Oggi sempre di più le donne si affacciano alla politica, un mondo prevalentemente maschile, strutturato da e per gli uomini ma che è sempre più compatibile con la donna , con le sue innate doti organizzative e la voglia di fare tutto di prima persona senza ricorrere alla delega, quest’ultima molto amata dagli uomini. Il nostro cammino, verso l’acquisizione di ruoli all’interno dell’Istituzioni politiche rappresentative, è stato lungo e pieno di barriere, nel 1960 viene sancita la parità, formale e sostanziale, tra uomini e donne nel mondo del lavoro e l’eliminazione delle tabelle remunerative per uomini e donne. Durante la Conferenza delle donne di Pechino, nel 1995, si introducevano due parole fondamentali per accrescere il protagonismo delle donne nella politica: EMPOWERMENT che significa promozione nell’acquisizione di poteri e responsabilità nelle sedi decisionali rilevanti, e MAINSTREAMING, inteso come, integrazione del punto di vista di genere in tutte le politiche. Ciò nonostante, a 50 anni dall’ acquisizione del diritto di voto, si denunciava, ancora, una forte marginalità femminile e si sollecitava una maggiore presenza femminile nelle sedi decisionali. Attualmente il numero delle donne che si occupano di politica è ancora molto basso rispetto ad i colleghi maschi, e questo fenomeno riguarda tutti i paesi del mondo indistintamente, i cui motivi sono da rintracciare in fattori socio-culturali, primo tra tutti l’esigenza di una donna nel crearsi una famiglia e di dedicarle tempo. Ma un'altra causa, che pesa su questa discriminazione che sembra affievolirsi, riguarda la modificazione di una cultura politica che da sempre considera l’uomo come il legittimo protagonista della gestione dello Stato, infatti, fino ad ora non c’è mai stata, in Italia, una donna Capo del Governo. Anche la nostra lingua penalizza fortemente il ruolo della donna, non avendo il femminile di molti termini che identificano lavori di alto spicco. Ad esempio, il dirigente non ha un corrispettivo femminile così come il ministro e tantissimi altri. Oggi le donne sentono la necessità di un posto in politica, dove le decisioni possano essere prese democraticamente da entrambe le parti, rendendo meno aspra e più umana la risoluzione dei problemi della collettività. Noi donne abbiamo le competenze e la preparazione, armi vincenti per convincere le persone, ormai stanche delle chiacchiere, con programmi precisi e concreti.

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